martedì 25 ottobre 2016

ITALIAN HALLOWEEN...

Passaggi misteriosi, colline solitarie, croci, caverna subacquea, cimitero, chiesa abbandonata, fantasmi, scheletri, apparizioni...

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Si tratta dell'Irlanda o della Scozia? E'un brano di un racconto horror americano? Sono immagini di un film sempre horror per Halloween?

No, è semplicemente la Sicilia di Giovanni Verga che in questa novella dà voce alle paure diffuse, alle leggende della sua terra, alle visioni e alle apparizioni vere o presunte di una popolazione che è sempre vissuta nel mito...

Il racconto è intitolato "La festa dei morti" del grande scrittore neorealista siciliano Giovanni Verga, vissuto nella seconda metà dell'800, precisamente tra il 1840 e il 1922, ed  apparve per la prima volta in una rivista del 1884, poi definitivamente sistemata nella raccolta "Vagabondaggio" del 1887 ribattezzata col titolo "La camera del prete".

Io non avevo mai sentito parlare del racconto, ma sono contenta di essermi imbattuta per caso su di esso in quanto il leggerlo appare importante, specie in questi giorni, perchè fa capire quanto la tradizione di Halloween non sia un'invenzione cinematografica o un'invenzione americana o ancora non abbia alcuna nostra radice, ma al contrario quanto essa sia vicina allo spirito delle nostre terre e particolarmente dei popoli meridionali che sempre hanno dato grande importanza alla Festa dei morti con rituali, tradizioni, racconti, celebrazioni, banchetti e piatti  speciali e lo hanno fatto molto piu' delle genti del Nord Italia.

Ora in Sicilia, nel paese del racconto, un paese non meglio specificato, esisteva una chiesetta abbandonata che sorgeva a picco sul mare che alla base della parete aveva lentamente formato una profonda caverna che secondo la tradizione, presentava al fondo un pertugio, un passaggio, un cunicolo, un corridoio segreto che portava direttamente sotto la Chiesa al cimitero (anch'esso abbandonato) che si trovava lì.

Un'ora sola ogni giorno la Chiesetta prendeva un po' di colore, quando il sole del tramonto lanciava bagliori sulle sue finestrelle semirotte, mentre già la tenebra della notte risaliva dall'abisso. Ma là in fondo, la caverna era come un mondo al di fuori del mondo, piena di luci, di bagliori, di cigolii e rumori strani oltre al continuo rombare delle onde.


Ma nel Giorno dei Morti tutto era diverso e nella caverna succedeva qualcosa di ancora piu' strano...

Mentre le campane del paese rintoccavano per ricordare che era un giorno speciale in cui si dovevano festeggiare i morti, le mamme invitavano i bambini a esporre fuori dalle porte e  sui gradini doni come dolcetti, biscotti, frutti o giocattoli, e le ragazze guardavano allegre gli orecchini o lo spillone che il fidanzato aveva mandato proprio perchè fossero belle per la Festa dei Morti.

In quell'ora, narra la leggenda, il cimitero sotto la chiesetta prendeva vita e, a guidare il risveglio, era il vecchio prete (sepolto laggiu' da piu' di 100 anni) che si alzava dal catafalco insieme a tutti gli altri morti che riposavano lì. Insieme e guidati dal prete, i morti scendevano per lo stretto passaggio ancora piu' in fondo fino a spuntare nella caverna che era stata proprio per questo ribattezzata "La Caverna del prete".

 I pescatori delle navi e delle barche che erano al largo, si facevano in fretta il segno della Croce mentre dalla caverna saliva un bagliore rossastro come se si levasse di nuovo e ad un'ora improvvida un sole di malaugurio.

Il ricordo del bagliore e dei misteri di quella notte faceva sì che la caverna fosse per tutti out; guardavano, vedevano ma nessuno osava avvicinarsi per timore e paura....
Solo una volta un subacqueo che aveva la famiglia da mantenere, si avventurò in quelle acque maledette spinto dal bisogno di procurare il pane ai figli... E aveva visto, o meglio intravisto nella luce azzurrina, senza uscire dalle acque, un'enorme pietra piatta fatta a tavola e intorno i sedili, sassi levigati ed erosi dalle acque dei secoli, bianchi in quella luce...

Ma il poveretto non era piu' uscito da quelle acque che si erano chiuse su di lui facendone la sua tomba!

La leggenda narra che il prete si era dannato nell'aver ceduto alle voglie terrene quando, seduto nel suo confessionale, con la sacra stola addosso, si era infatuato di una donna che era arrivata a lui testa china e seno ansante con uno strano riflesso di luce dai vetri della chiesetta, per confessare i suoi peccati...

Da piu' di 100 anni il prete era laggiu' avvolto nella stola e col terribile peccato a gravargli  sulla coscienza con la sua dannazione...nulla, nè un rumore nè una voce, giungeva nel cimitero, solo il riflesso della luce lunare che illuminava i cadaveri ormai scheletri o carni ancora in decomposizione o mummie raggelate dal tempo insieme a vestiti ormai sbrindellati e anneriti e fiori seccati e putrescenti...

Ogni tanto fino a quelle tombe riusciva ad arrivare il soffio dello scirocco o del freddo aquilone, soffio che faceva volare pezzi di quei fiori su altri corpi o sollevava veli, facendo intravedere anche tra le ossa serpenti e bisce...

Ormai nessuna preghiera, nessuna benedizione riusciva piu' a raggiungere quelle ossa mentre d'altra parte i parenti vivi avevano dimenticato e si erano ricostruiti una famiglia e le manine dei piccoli preparavano doni per la notte dei Morti..., mentre il campanile scandiva le ore che passavano in attesa di suonare  anche la chiamata al terribile convito.

All'ora prestabilita per il raduno, tutti gli scheletri si sollevavano coi vestiti stracciati pendenti e con la polvere del sepolcro, coi fiori avvizziti che spuntavano tra un osso e l'altro, si avviavano in fila alla caverna del prete...mentre il ghigno terribile del loro teschio ricordava l'inutilità e la fragilità di tutte le cose umane...Alla fine della loro processione arrivavano nell'antro e si sedevano al terribile convito alla tavola e ai sedili di pietra...

Nessun ricordo sopravviveva mentre l'onda del mare portava via ogni briciola del mondo, i biondi capelli che tanto furono accarezzati, le labbra che strappavano baci, le carezze ricevute, le ansie vissute, le speranze cocenti di una vita, i fiori e le lacrime dei parenti, le lotte, le bestemmie e le parole buone.... tutto...nulla rimaneva tranne la Morte!

Il tempo era passato e nella zona si stava costruendo il molo nuovo: la bianca chiesetta ormai sconsacrata era stata abbattuta insieme al suo cimitero nascosto e nel progetto anche la caverna fu smantellata. Mentre la ruspa rompeva la pietra della tavola, un nido di granchi fuggì alla disperata e c'era chi giurava di aver visto scappare l'anima del sub imprigionata là dal maleficio,

Come ultimo mistero, mentre un gran numero di curiosi  assisteva alla raccolta delle ossa che sarebbero state spostate in un ossario comune, alcuni videro una carta che, si mormorava, fosse la mappa di un tesoro...se ne ricavarono solo 3 numeri che tutti giocarono fanaticamente al lotto... ma nessuno vinse!
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Ancora una volta vita e morte si fronteggiano nel Giorno dei Morti in un rapporto così ntenso da aver dato vita a miriadi di leggende presenti in tutte le culture.
Il concetto è quello di un mondo che si apre su un altro in quella notte terribile in cui tutto può veramente succedere, in cui è meglio rischiarare con luci lanterne o zucche illuminate la strada dei morti che ritornano ai luoghi della  loro esistenza, è meglio mettere fuori dalle porte dolcetti e piccoli doni o consegnarli a chi bussa perchè le anime siano buone e non facciano scherzetti piu' o meno brutti.

Il banchetto dei morti che ritorna nel racconto è presente anche in molte  nostre tradizioni: in Campania e in Lombardia si usava lasciare in cucina un secchio perchè i morti potessero dissetarsi, in Piemonte si metteva un posto in piu' a tavola e in Toscana si allestiva appositamente la tavola.

Proprio questa tradizione ritorna nei dolci e tristi versi di Giovanni Pascoli ne "La Tovaglia" dove si invita una bambina a lasciare apparecchiata la tavola per la Festa dei Morti:

"Bada, che vengono i morti!
i tristi, i pallidi morti!
Entrano, ansimano muti.
Ognuno è tanto mai stanco!
E si fermano seduti
la notte intorno a quel bianco.
Stanno lì sino al domani,
col capo tra le due mani,
senza che nulla si senta,
sotto la lampada spenta. "

La bambina diventata grande continua a rinnovare questa tradizione con lo stesso intenso spirito che le era stato insegnato dalla mamma e dalla nonna:

"Pensa a tutto, ma non pensa
a sparecchiare la mensa.
Lascia che vengano i morti,
i buoni, i poveri morti.
Oh! la notte nera nera,
di vento, d’acqua, di neve,
lascia ch’entrino da sera,
col loro anelito lieve;
che alla mensa torno torno
riposino fino a giorno,
cercando fatti lontani
col capo tra le due mani.
Dalla sera alla mattina,
cercando cose lontane,
stanno fissi, a fronte china,
su qualche bricia di pane,
e volendo ricordare,
bevono lagrime amare."

Nella casa dove i morti erano ricordati, tutto è ormai vuoto e di tutta la grande famiglia, rimangono solo il poeta, Giovanni Pascoli e la sorella col ricordo ossessivo dei morti che ritornano e che vanno ricordati.

In molte regioni italiane esisteva in quella notte il rituale della "Questua": i bambini andavano di porta in porta, bussavano e alle parole "Morti, Morti!" ricevevano  dolci, frutta secca, monete.
In Sicilia, come presente nel racconto del Verga, la Notte dei Morti assumeva i contorni di una vera e propria festa per i bambini che lasciavano le loro scarpine per es, vicino al camino dove i -morti- dovevano lasciare doni come biscotti o noci.
Per i bambini era un'altra Vigilia di Natale o la Notte di Santa Lucia!

Ma le tradizioni piu' forti erano e sono quelle legate al cibo, per es, da sempre risalente addirittura al mondo romano, le fave sono collegate ai morti: in Toscana, Calabria e Veneto si usava recarsi al cimitero e mangiare qui delle fave.

Nel  corso dei secoli, forse per il pericolo legato alle fave che causano il -favismo- (difetto genetico ereditario che provoca gravi anemie nell'assunzione di fave e altri legumi) ha portato ad evitare questo legume per usare invece un surrogato, certo migliore, cioè dolci di mandorle  miele e pinoli, detti appunto"fave dei morti", dolci presenti ancora oggi in molte cucine regionali.

Nella nostra società la Morte, pur così presente, risulta bandita: c'è posto per tutto, per le follie, per i balli e le canzoni, per le violenze e le cattiverie, per le feste e le corse, ma non per la Morte che viene nascosta e trascurata. La Morte fa paura e così i morti... per cui la Festa dei Morti e anche Halloween che è l 'altro suo nome, servono proprio a riconciliare queste due realtà della nostra vita.

Mi piace leggere queste parole di Paulo Cohelo:

"Le persone pensano molto poco alla morte. 

Passano la vita preoccupandosi di vere e proprie assurdità, rimandano cose, tralasciano momenti importanti.
Non rischiano, perché pensano sia pericoloso.
Si lamentano molto, ma diventano codarde quando è il momento di prendere provvedimenti.
Vogliono che tutto cambi, ma loro si rifiutano di cambiare.
Se pensassero un po' di più alla morte, non tralascerebbero mai di fare quella telefonata che manca. Sarebbero un po' più folli. Non avrebbero paura della fine di questa incarnazione -perché non si può temere qualcosa che accadrà comunque. "



E per finire 4 versi di una poesia anonima trovata casualmente su iNTERNET...


"...E' il giorno dei morti!
Dormite in pace il vostro sonno eterno:
 non lacrime noi spargiamo in questi giorni,
 ma preghiere."







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